Gentile Ministro Maria Chiara Carrozza,
Le scrivo sulla decadenza della scuola
italiana causata dalle riforme attuate negli ultimi quindici anni e
in particolare dalla cosiddetta autonomia scolastica.
Stamani partecipando all'assemblea
sindacale, convocata dalle R.S.U. per discutere la ripartizione del
Fondo d'Istituto, per l'ennesima volta ho assistito alla squallida
rappresentazione del disinteresse degli insegnanti riguardo a tutto
quello che accade alla scuola.
Pur essendo state licenziate le
scolaresche con due ore di anticipo rispetto al regolare orario delle
lezioni, per offrire a tutti i docenti l'opportunità di partecipare
alla riunione, l'aula magna era semivuota, disertata da almeno il
novanta per cento degli aventi diritto. Sa perché Ministro? Perché
la quasi totalità dei docenti ritiene che il Fondo venga speso in
attività aggiuntive ritenute poco o per niente necessarie alla
educazione ed alla formazione degli alunni, e che esso, comunque, serva solo ad impinguare lo stipendio di pochi, e, per giunta, i
soliti. Gli insegnanti sono ormai rassegnati ad ogni evento che
piomba dall'alto di qualsiasi istituzione, sia essa il Ministero, o
anche lo staff dirigenziale dell'Istituto. Non discutono più di
nulla i professori. Basta che siano almeno lasciati tranquilli. Hanno
appena appena alzato la testa quando il Suo predecessore, Francesco
Profumo, con un colpo di mano, sostenuto dalla pessima idea che l'ex Primo Ministro Mario Monti ha degli insegnanti, tentò di portare a
ventiquattro ore l'orario settimanale di cattedra, violando ogni
regola contrattuale. Dopo quel momento di riscossa, ahimè, i docenti
sono ricaduti nella passività abituale. In effetti essi vivono ogni provvedimento sulla scuola come una minaccia o una
punizione, mentre si piegano sotto il peso di giudizi squalificanti che la sottocultura dominante, nonché l'azione devastante di alcune
riforme, ha instillato nel sentimento generale della società italiana.
A me sembra, Ministro, che nella scuola si rispecchi la separazione, tragicamente evidente, tra Istituzioni e Popolo, tra Partiti e
Base, e, persino, tra Sindacati e Lavoratori, perché, difatti, da
qualche decennio, i sindacalisti lavorano solo per mantenere i loro
privilegi.
La scuola azienda è drammaticamente
divisa come ha voluto, del resto, la prassi riformatrice del “divide
et impera”. Da una parte c'è una maggioranza che ritiene
importante l'attività curricolare e l'aggiornamento disciplinare
continuo, anche riguardo alle strategie di recupero in itinere,
avendo sperimentato che gli interventi didattici integrativi sono
inefficaci, come del resto hanno sostenuto diversi studiosi di questa
prassi di sostegno dei processi di apprendimento. Dall'altra è
emersa una minoranza, da alcuni definita oligarchica, rampante e
spregiudicata, che difatti attua il P.O.F. sostenendo, senza andare
molto per il sottile, la mentalità aziendalistica che ha mutato gli
studenti in clienti. Le assicuro, Ministro, che di questioni
culturali, di rivoluzione del sapere, di sfida alla complessità
della relazione tra i saperi, di apertura all'apprendimento continuo
e alla conoscenza di altre culture, di istituire spazi e tempi nei
quali potersi confrontare sulla urgenza di mettere a punto nuovi
percorsi metodologici non se ne parla proprio. Ci si limita soltanto
ad ottemperare alle esigenze burocratiche, con copia e incolla
frettolosi nel corso delle insufficienti riunioni dei dipartimenti,
alle quali i docenti partecipano distrattamente, anche perché
un eventuale impegno nella produzione di idee e progetti non sarebbe remunerato né in alcun modo riconosciuto e gratificato. Talvolta,
tuttavia, sorgono gruppi di autoformazione, spinti ad incontrarsi dal
piacere di conoscere e di scambiarsi idee ed esperienze. Si tratta,
però, di minuscole avanguardie resistenti, e non pagate, che
devono accettare supinamente, comunque, i dettati dell'INVALSI, ritenuti inadeguati a sondare la preparazione dei
giovani anche da molte personalità autorevoli nel campo della paideia e dell'istruzione. Ma non sia intesa questa lettera come un lamento amaro. Sia
accolta come una richiesta di ascolto e di promozione del
coinvolgimento degli insegnanti nella progettualità che riguarda la
scuola. E sia intesa anche come una richiesta di impiegare il Fondo
d'Istituto per riconoscere equamente il lavoro dei docenti, tenendo presente anche il blocco quadriennale dei contratti, e di
studiare, mediante una discussione estesa e condivisa, un sistema di
valutazione il più veritiero possibile, nella consapevolezza che la
verità assoluta è inarrivabile. Le sarei grata se, ad esempio,
aprisse nel sito del Ministero dell'Istruzione un forum. Sarebbe così
offerta a tutti gli insegnanti l'opportunità di narrare la propria
esperienza sulle questioni che ho posto, e di proporre positive
soluzioni. In conclusione, esprimo un desiderio: sia concessa quanto prima agli
insegnanti un'aggiunta stipendiale, destinata alla possibilità di andarsene, almeno una volta
all'anno, in ritiro per pochi giorni in qualche ameno convento -
albergo! Forse anche loro, fuori dalla sede istituzionale, potrebbero
“inventare” una bella scuola, favoriti dallo stabilirsi di
amichevoli relazioni conviviali.
Cordiali saluti
Giuseppina Imperato
(docente di
Italiano e Latino presso il Liceo “E. Medi” di Cicciano)
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