mercoledì 7 agosto 2013

Cattedrali in libreria

“Ognuno scrive un libro per sé, ognuno ha il suo libro. Non c’è un libro per tutti”. Queste affermazioni mi hanno trovata in disaccordo. Ho ribattuto che non è vero, che ci sono libri per tutti, architetture immense ed immortali. Ma come le grandi cattedrali questi libri richiedono la pazienza di raccogliersi in silenzio per ore, per giorni, in qualche caso anche per mesi. E una pazienza tale è virtù rara di questi tempi. I libri di cui parlo, infatti, sono i grandi romanzi, gli affreschi minuziosi delle vicende umane. Pensate che in queste narrazioni alla descrizione di un luogo, interno o esterno, possono essere dedicate pagine e pagine. Fin quando non diventa familiare a tutti i sensi. Fin quando al lettore non paia di essere proprio lì, e dentro quella storia. In queste cattedrali dello spirito si dispiega la sapienza universale.
Non sono trattati di botanica ma vi si conoscono tutte le piante e i fiori. Asfodeli, genziane, pervinche, giaggioli, nontiscordardimé, rosolacci. E poi le brughiere di erica bianca e violetta, e le steppe desolate. Olmi, querce, betulle, aceri e pioppi. Boschi e selve di ogni specie. I nomi fanno essere l’infinita varietà del regno vegetale.
Non sono trattati di mineralogia queste cattedrali, ma contengono tutte le concrezioni della terra, le pietre più comuni, e le gemme più preziose: agate e lapislazzuli, onici, smeraldi, diamanti, porfidi ed alabastri.
 E vi si possono attraversare tutti i paesaggi del pianeta. Si sale sulle vette più maestose. Si percorrono le pianure fertili o le malsane paludi. Si va per strapiombi scoscesi o per litorali sabbiosi. Si affrontano tutti i mari, con la bonaccia o in tempesta. E si patiscono e si godono tutti i climi della terra. Si sperimentano i monsoni con le grandi piogge, le bufere di sabbia e l’aridità delle zone desertiche, il gelo e le nevi perenni degli estremi del globo, le brezze dei paesi temperati.
E che dire dell’esperienza del giorno e della notte, di ogni aspetto del cielo alla luce del sole o a quella delle stelle! E la luna? In quelle cattedrali si impara a conversare con la luna dopo averla conosciuta in tutte le sue fasi, stupiti dai suoi effetti misteriosi sul mare e sulla vita.
Né sono, queste cattedrali, trattati di anatomia, ma vi è nominato ogni organo del corpo umano, laddove si scolpiscono figure indimenticabili nella loro individualità. E neppure vi si discute di psicologia, e tuttavia un soffio potente anima quelle sculture e genera l’infinita vita dell’anima umana.
Prima ancora di viverli in me o su di me, in queste cattedrali ho conosciuto tutti i sentimenti.  Ogni manifestazione dell’amore, l’odio e la gelosia, l’ira e la mitezza. Lì ho appreso a vincere la disperazione e a nutrire la speranza. Sono scesa negli stati più abbietti e sconsolati e ho pianto. Mi sono sollevata nelle regioni della gioia e ho esultato.
E ancora, in queste cattedrali si diventa consapevoli delle vicende politiche e sociali, senza che si debbano affrontare lunghe trattazioni teoretiche. Lì si sperimenta il disgusto per la tirannide e si impara a guardare la realtà con discernimento e ad alimentare il desiderio della libertà e della giustizia.
E per di più, in queste cattedrali si apprende a conoscersi. Là dentro vediamo come siamo e come vorremmo essere. Si fa palestra introspettiva ed esercizio di comportamento. Incominciamo a raccontarci mentre ci ascoltiamo raccontati. Giungiamo persino ad arrossire di pudore se ci scopriamo svergognati. Ci sono anche, in queste cattedrali, passaggi e rifugi pietosi, dove il cuore può lenire le ferite, e alleggerirsi dei pesi. Ma non si tratta di terapie psicoanalitiche.  
Quando si entra in una di queste cattedrali il “falso” diventa potente immaginazione, l’ ”errore” ricerca, domanda, scoperta del mondo. La fantasia degli architetti di queste cattedrali ha qualcosa di divino, un’ispirazione che di per sé induce ad interrogarsi sul mistero dello spirito umano.
Quando penso alla fatica che i grandi narratori di storie hanno sofferto per costruire queste cattedrali, sento un misto di gratitudine e di venerazione. Loro non potevano avvalersi dei nostri comodi strumenti tecnologici. Scrivevano a mano, di giorno e di notte, al lume delle candele quando non c’era la luce elettrica. Scrivevano ora di getto sotto l’onda impetuosa delle emozioni, ora lentamente, analizzando l’esperienza e condensandola nella riflessione. Con minuziosa scansione, registravano fedelmente le loro osservazioni della realtà. Descrivevano luoghi sconosciuti contemplati nella mente, dei quali avevano sentito raccontare da altri e che mai avrebbero visitato. Come tanti lettori, del resto, e come me stessa! Quante città conosco, quanti paesaggi, che non ho mai visitato! E quanto del cuore umano ho appreso, prima ancora di farne esperienza diretta.  Accade, in queste cattedrali, di previvere la vita, al punto che in seguito ci capita di esclamare:"ma io questo lo sapevo digià, l’avevo già visto!”.  Ed è in quelle cattedrali che probabilmente si apprende l’empatia, la capacità di comprendere l’altro, sentendolo in se stessi.

Viviamo nel tempo di Sua Maestà il Mercato, che detta le sue leggi ciniche anche nell’editoria. Ma questo è anche il tempo della scrittura accessibile a tutti e da tutti divulgabile. Gli strumenti a nostra disposizione solleticano ambizioni e velleità. Tutto questo non è un male di per sé. Ma potrebbe diventare un fenomeno negativo se ci si smarrisse del tutto in questa editoria “liquida”, incolore e insapore col rischio di diventare scettici e relativisti assoluti, tali da non essere più in grado di distinguere una casupola da una cattedrale.
Infine, non mi va di fare nomi di queste cattedrali immortali, per diverse ragioni. Prima perché non le ho visitate tutte e poi perché, mio malgrado, di sicuro ne dimenticherei qualcuna. Posso però invitare i frequentatori di librerie, specialmente quelli più giovani, a sostare tra gli scaffali dei classici. Sono lì le cattedrali che hanno già vinto sul tempo. Eh sì! Questa chiosa è banalmente ripetitiva. È noto che uno scrittore, chiamato ormai “un classico”, in un suo famoso saggio  li ha già argomentati tutti, o quasi, i motivi validi sul “Perché leggere i classici”.








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