Ci sono giornate segnate dagli astri
avversi. O meglio, ci sono giornate in cui lo squallore della realtà
si fa palpabile come una nebbia plumbea.
Poi, improvvisamente, c'è da
commuoversi a dirlo, oltre la finestra spalancata, un uccellino,
forse un usignolo, gorgheggia beato una melodia vivace che ti
stupisce. Sembra che si sia messo a trillare solo per te. Interrompi
il tuo lavoro e, ridendo, inviti anche gli altri lì presenti a gioire di quel
fresco zampillo sonoro. IL canto insiste sempre più forte.
Ma è un miracolo! Sì sì, è venuto accanto alla finestra proprio per me. Ne sono sicura.
Ma è un miracolo! Sì sì, è venuto accanto alla finestra proprio per me. Ne sono sicura.
È un avvertimento alato. E le ali
vorrei, per raggiungerlo, in questo afoso mezzodì d'ottobre.
Ma che mi vuol dire coi suoi acuti
prolungati in giravolte di note scintillanti?
Mi sgrida, mi invita, o mi canzona? Mi
canzona, mi canzona, sì sì. Ogni trillo è uno sberleffo
- ehilà, dico a te, grulla
imbronciata, in gattabuia chi ti ci ha messo l'uomo nero?
Scioccherella, ma non vedi? Non è nero. È grigio e bleso. È
l'uomo arreso, da se stesso tutto preso. I gorgheggi non li sente,
non li sa -.
Resto al di qua della finestra, con gli
occhi al libro, scorro un passo alato:
Questi
organi del mondo così vanno,
come
tu vedi omai, di grado in grado,
che
di sù prendono e di sotto fanno.
Si dirada la nebbia. Prestami la tua
voce, usignolo, e volerò via con te. Su, su, oltre le dense nuvole.
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