venerdì 23 dicembre 2011

Buon Natale!

Una sequenza filmica sarebbe da riproporre per queste feste natalizie: lo scorrere delle immagini mute verso il finale di “Cuore sacro” di Ferzan Ozpetek, quando la protagonista si spoglia degli ornamenti e delle vesti, fino a rimanere nuda sotto gli sguardi curiosi e ad un tempo indifferenti, se non beffardi, della folla in metropolitana.
Le immagini raccontano una liberazione, quasi un excessus mentis, della donna, che, dopo aver inseguito la soddisfazione della carriera e del profitto, desidera la nudità.
L'allusione al gesto di Francesco che si svestì davanti al padre per amare “madonna povertà”, è chiara.
La nudità fisica prelude a una svolta radicale.
Non si tratta di privazione materiale. È il rasentare il piacere dell'assenza di ogni desiderio. Un affacciarsi sul vuoto dell'esistenza per ri-nascere “alle divine spiagge della luce”. Ecco, sarebbe desiderabile un Natale nudo, come il bambinello che nascerà in ogni uomo della terra. Occorre essere nudi per attendere la primavera. Nudi finanche della volontà di essere buoni. La bontà non si spande come lo zucchero a velo.
Nascere è “venire alla luce”; “ri-conoscere il mondo”. Non occorre la volontà. La luce risplende a chi nasce. Il divino brilla nell'umano. Basta così. Una nascita è di per sé buona e, lì dove avviene, regala gioia, non bontà. La gioia è buona. Vivere nella gioia è bene. E non c'è bisogno di lustrini, e atmosfere.
Niente di più triste delle luminarie esauste, la sera di Natale.
Niente di più splendido del firmamento attonito nel gelo, in ascolto del sospiro della notte che si dilegua.

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domenica 11 dicembre 2011

Le Illusioni e il Vento

Un mio amico poeta, che incontrai quando ero piccina, e che, non so come, di già in quel tempo lontano mi fece battere il cuore nella notte “dolce e chiara e senza vento”, turbandomi con un “canto che lontanando moriva a poco a poco”, afferma che illuso è quell'uomo che non ama le illusioni.


Le illusioni non sono chimere vagheggiate per stordirsi e sottrarsi al destino dei mortali e non promettono l'elisir di lunga vita in uno stato di perenne giovinezza. Le illusioni abitano una mente appassionata e generosa. Dal pathos si espande un canto lirico che si diffonde dal soggetto sul mondo. È un flusso di energia che mette in comunicazione entità che sembrerebbero reciprocamente incomprensibili. È lo stato della più alta creatività della mente sostenuta, quasi squarciata e sollevata nelle regioni dell'impossibile, da una passione incandescente.


Un tremito scuote il faggio। Un brillio di foglie mormora segreti agli occhi che se ne accendono e invitano l'anima alla danza aerea. Si illumina l'idea che è necessario rieducarsi al piacere, quello che non consuma e non si consuma. Un tuffo giù in fondo al cuore, là dove siamo anche tremuli faggi.


Gracchia la radio le quotidiane notizie sulla crisi e proclama che la classe media impoverita comprerà di meno e che di conseguenza l'economia non girerà.
Ci siamo finalmente! Il sistema capitalistico fagociterà se stesso!
Quanto devono essere infelici tutti quelli che non schiudono gli occhi sulle foglie danzanti nel primo brivido dicembrino!
Dalla radio ora minacciano la catastrofe italiana ed europea: Monti è corso ai ripari, ma i provvedimenti del Governo non piacciono ai sindacati che solleticano (demagogicamente) pensionandi e piccoli proprietari.


Mi chiedo dove fossero mai Bonanni e Angeletti quando si è scioperato ripetutamente contro il governo Berlusconi. E spero intanto che gli Italiani non abbiano la memoria corta.
Come cantava Claudio Lolli? Sì sì ecco: “vecchia piccola borghesia per piccina che tu sia non so dire se fai più rabbia, pena, schifo o malinconia”.
Siamo al punto in cui la borghesia, per niente perbene, porta a spasso le sue catene, incapace di “scrutare” oltre “un orizzonte che si ferma al tetto”.
Il mio amico poeta ci scriverebbe su anche lui un bel “canto”, oppure ripeterebbe beffardo che, sì sì, queste sono le decantate “magnifiche sorti e progressive” degli illusi che non amano le illusioni.
E intanto il faggio tremulo accoglie i soffi leggeri. Sarebbe bello se il vento soffiasse impetuoso e disperdesse le nebbie!
Che orizzonti si schiudono agli uomini che amano il faggio che si spoglia in autunno! Intravedono una primavera nuova e ne immaginano i fiori. Solerti pensano che è tempo di gettare nuovi semi, e non temono l'inverno.
È tempo di raccogliersi nell'intimità e di attendere che lì ritorni primavera.

Che soffi presto il vento!


“Vecchia piccola borghesia, vecchia gente di casa mia per piccina che tu sia il vento un giorno ti spazzerà via".