mercoledì 30 novembre 2016

Quo usque tandem?

Ieri sera Il conduttore di talk show Giovanni Floris è stato accolto a Palazzo Madama dal Presidente del Senato Pietro Grasso. L'incontro aveva lo scopo, almeno in apparenza, di simulare una visita guidata nell'aula dove attualmente si riunisce la Camera dei Senatori. 
A fare da guida era lo stesso Presidente Grasso il quale, con impeccabile cortesia, ha fatto strada al giornalista fino alla sala dove è conservato l'affresco di Cesare Maccari che ritrae Cicerone mentre pronuncia la prima orazione contro Catilina, accusandolo di preparare la rovina della Repubblica. Con affabilità il Presidente cicerone ha spiegato che in quel dipinto Cicerone si scaglia contro Catilina accusandolo di corruzione come governatore della Sicilia. 
 Non me ne vogliano “i miei venticinque lettori” accusandomi di proterva pedanteria, ma a me si è accapponata la pelle, e non solo per l'errore storico e letterario. Mi ha lasciata di stucco la negligente superficialità dell'illustre guida. Una confusione, una dimenticanza sono umane e scusabili. Diventano però imperdonabili se a commetterle è l'attuale custode della Presidenza del Senato della Repubblica Italiana, abituale frequentatore di quella sala, il quale, sua sponte, si era sobbarcato il compito di illustrare le sale di Palazzo Madama e i suoi tesori non solo al giornalista ma anche al pubblico italiano che si trovava ad assistere in quel momento al programma televisivo. 
Chiederemmo forse troppo a un erede del grande Tullio, sia nella funzione di magistrato che in quella politica, se lo pregassimo di ripassare la storia dei documenti che intende spiegare? Ammesso che, per chi ricopre la carica di Presidente del Senato, sia plausibile ignorare una vicenda così drammatica della storia della Res Publica romana, e di stravolgere il contenuto della prima delle Catilinarie.
Ma si sa che oggi, nella cosiddetta “società della conoscenza”, la conoscenza è un trascurabile dettaglio. Quel che conta è la faccia tosta e un bel sorriso spiaccicato sulle labbra. E si raccomandano braccia protese a stringere mani e pacche sulle spalle a simulare amicizia. E che l'orazione sia concitata, più che dotata di “concinnitas”.
 Che male c'è, suvvia, se poi si confonde l'eversore Catilina con il corrotto Verre, tanto più di questi tempi in cui tutto va buttato in corruzione? 
 Del resto, ce lo disse pure Sallustio che Catlina era stato il frutto dei “corrupti civitatis mores, quos pessuma ac divorsa inter se mala, luxuria atque avaritia vexabant (costumi corrotti della città alimentati da due mali terribili e tra loro opposti, la lussuria e l'avidità)”.