venerdì 25 luglio 2014

Un giardino e due vite parallele

In tutte le culture del mondo esiste la metafora del giardino. Il giardino è una metafora che addensa molti significati. Il più noto è nel termine paradiso, che, derivato dal greco παράδεισος (paràdeisos) a sua volta importato dal persiano pairidaeza, significa giardino e designa uno stato di felicità e di pienezza. Il vocabolo giardino proviene, invece, dal francone *gardo. In entrambe le etimologie è insito il significato di luogo recintato. Paradiso e giardino evocano quindi un luogo in cui la natura assume forme armoniose fino a rappresentare la condizione di compiuta beatitudine.
Il giardino della realtà è, invece, una creazione dell'uomo. Come il poeta, il pittore e il musicista, anche il giardiniere crea sinfonie di forme e colori in un recinto ideale. Di quest'arte sono testimoni tanti giardini italiani. Quelli rinascimentali furono allestiti come delle autentiche architetture naturali ispirate da quell'ideale di equilibrio formale insito nel classicismo.

Ad inventare l'armonia nella natura dedica tutta la sua vita il protagonista di un elegante racconto, Memorie di un vecchio giardiniere, dello scrittore inglese Reginald Arkell, autore, tra l'altro, di opere musicali composte per il London Theater.

Herbert Pinnegar, è un trovatello fragile e zoppo che ama vagare nella campagna inglese tra le variegate specie di fiori selvatici. Un giorno decide di partecipare ad una competizione di composizioni floreali. È un bambino schivo quello che si presenta davanti alla giuria tenendo in mano un mazzolino di fiori acquatici raccolti lungo il vecchio canale di collegamento tra il fiume Severn e il Tamigi, meta abituale dei suoi vagabondaggi. A presiedere la giuria c'è una bella signora, la stessa alla quale Herbert è già apparso “barcollando sotto il peso di una sedia sdraio grande quanto lui”. Come nelle fiabe l'esito della gara è affidato ad una fata. Quando viene proclamato il vincitore del gruppo dei bambini, Herbert si stupisce fino a confondersi. Il primo premio tocca a lui. È stato scelto dalla bella signora per l'originalità della sua composizione di fiori acquatici. La fata ha riconosciuto una vocazione. Da questo momento il destino di Herbert si svolge legato a quello della signora del cui giardino si prenderà cura per tutta la vita.

Il racconto si snoda a ritroso. Prende inizio in una malinconica mattina d'autunno, l'ora e la stagione predilette dal giardiniere ormai vecchio che dal suo letto accanto alla finestra del cottage contempla il parco della Grande Villa. In quel giardino ha lavorato per tre quarti di secolo, guadagnandosi l'appellativo di Vecchia Gramigna. E in fondo il nomignolo gli si addice, perché “lui era una specie di pianta resistente”. Da questa contemplazione si dipanano i ricordi di Pinnegar e compongono la trama del racconto di Arkell. La memoria del vecchio giardiniere ispira fantasmagorie di colori che sbocciano da una gran passione per i fiori. Herbert ripercorre il cammino della vita tra variegate bordure di aiuole e di viali. Nelle serre si prodiga intorno ai germogli per far nascere golose primizie, come quelle fragole precoci, “perfette”, che in un mattino d'aprile profumano il tavolino da tè della signora Charteris, adagiate in una ciotola, tra la teiera d'argento e le focaccine imburrate. O come l' ipomea blu, fiorita in una cascata di boccioli sotto gli occhi incantati della signora che tanto aveva desiderato rivederla da quando l'aveva ammirata, per la prima volta, nel corso di un viaggio tra i giardini mediterranei della Costa Azzurra.
Sono vite parallele quelle della padrona della Villa e del giardiniere devoto, ma dotato di quella indipendenza testarda caratteristica degli artisti. Vite distanti e vicine, votate entrambe all'eleganza, la stessa eleganza che ispira la scrittura leggera e pregnante di questo narratore poco noto. L'eleganza è scelta esistenziale di discrezione e bellezza, e culmina in una solitudine piena di vita. Quella vita che si trasfonde nella cura di un giardino ammirato da tutta l'Inghilterra.
In queste solitudini affiora l'energia di un amore tacito, comune e reciproco, alimentato dalla comprensione e dal rispetto. Quando, scoppiata la prima guerra mondiale, anche sul giardino e sulla Villa si abbatte la violenza, Pinnegar assiste impotente e addolorato all'opera di una banda di giovanotti incoscienti e rozzi. Venuti per il recupero di materiali ferrosi necessari alla fabbricazione di armi, svellono e portano via dal grande terrazzo della Villa i “cancelli dal delicato traforo italiano”. Sotto gli occhi addolorati di Herbert “ dentro il camion, fra le pentole e i tegami arrugginiti, finì l'opera d'arte bella e superflua” di un artigiano mediterraneo”.
Le vite dedicate alla cura del giardino non sanno capire la guerra e la violenza. Le azioni di queste vite hanno la delicatezza di quei fiori che esse fanno spuntare e risplendere. La stessa signora Charteris, ormai anziana e fragile, mentre infuria il secondo conflitto mondiale, nei colloqui con Pinnegar sostiene che “se passassimo il tempo libero a curare dei fiori invece che a dire delle grandi sciocchezze, al mondo si starebbe molto meglio”.
Anche la conclusione rimanda alle vite parallele. Non si torna nel cottage da dove Herbert ha ripercorso la sua vita contemplando il parco. La storia si interrompe nel ricordo e termina con la visita del giardiniere alla sua fata, ormai relegata in un albergo sulla costa inglese. Ancora in forze Vecchia Gramigna, accompagnato dai nuovi padroni della Villa, porta in dono alla signora un cestino di fragole precoci. Lei non lo riconosce, tuttavia, alla vista delle primizie, si ricorda di quell'altro ormai lontano mattino d'aprile, quando nella sala del tè della villa aveva ricevuto per la prima volta quel dono germogliato dall'arte e dall'amore. E allora la signora Charteris traccia il ritratto compiuto del suo artista giardiniere a quello sconosciuto che l' ascolta con commossa meraviglia. 
Del resto è proprio la meraviglia delle anime sensibili e ignare di ogni azione volgare il significato più intenso di questo libro fiorito.