martedì 30 ottobre 2012

Fra Galdino... le noci...e il ministro Profumo



Negli articoli dei giornali, nelle riviste specializzate, nelle lettere di protesta, insomma in tutti i documenti che leggo contro la proposta del Ministro dell'Istruzione di aumentare da diciotto a ventiquattro le ore di insegnamento nella secondaria di primo e secondo grado, non trovo altro che monotoni elenchi che documentano le tante ore di lavoro che impegnano i docenti ben oltre le diciotto di lezione. Ancora una volta si ragiona soltanto di numeri e si sbandierano statistiche e confronti tra la scuola italiana e quelle degli altri paesi dell'Europa. Non ho trovato, almeno finora, un racconto significativo dell'indefinibilità del tempo e della fatica del meraviglioso impegnativo lavoro dell'insegnante.

Stamattina, dopo aver parcheggiato la mia sgangherata ultra ventennale Ford Fiesta a ridosso del muro di cinta del piazzale del liceo in cui insegno, sono smontata tutta allegra dell'aria frizzante che mi ha avvolta. Il cielo intensamente celeste sfilacciato di bianco mi augurava buon lavoro. Mentre mi voltavo a chiudere lo sportello, sparse ai miei piedi, ho visto tante noci cascate dall'albero che, dal campo confinante, sopravanza il recinto e coi rami sporge nel parcheggio della scuola. Le noci di fra Galdino! Sorridendo ho pensato ai ragazzi di seconda. Poi mi sono chinata a raccoglierne. Ne ho cercata qualcuna con il mallo, parola che gli alunni ignorano. Ma il mallo, ormai infradiciato mi si è spappolato fra le mani. - Mallo - guscio - gheriglio. Il noce, la noce. In latino “Nux" -.
Tutto questo era accaduto perché qualcuno non ricordava la stagione in cui inizia la storia di Renzo e Lucia e ignorava il tempo in cui si bacchiano le noci. Eppure dalle finestre dell'aula gli occhi si perdono su una distesa di noci e noccioli! 
Dove siamo coi nostri corpi, che fine hanno fatto i nostri sensi? 
Allora mi è risuonato in testa il burocratese della scuola: 
- Si rileva la povertà lessicale! Bisogna potenziare il vocabolario dei discenti, facendo acquisire loro il lessico specifico per arricchire le possibilità espressive. Blablabla -. Porcheria! 

Mi si è parata poi dinnanzi la faccia composta, bonariamente accattivante, di Profumo che dallo schermo televisivo, nel corso della rubrica Leonardo di qualche giorno fa, mi prediceva la sua scuola del futuro. Una “scuola dei pari”, mi sembra che l'abbia definita. Mi verrebbe da sghignazzare -“una scuola dei paria!”-. Era tutto felice il ministro in quel suo rincuorarci, invitandoci ad immaginare una scuola senza i banchi ricoperti di formica verde.
- A pensarci bene, potrei anticiparlo. Quasi quasi porto i ragazzi sotto il noce, e chissà che non ci capiti di ascoltare anche il canto di qualche usignolo autunnale. Ne verrebbe fuori una bella lezione sulla natura e sulle figurazioni della lingua...le metafore insomma.-

Il bello è, signori cari, che il mio lavoro non lo so proprio conteggiare. Me lo porto appresso, sempre. Sì, terminata la lezione in aula, quei tanti volti con le loro ansie e le loro difficoltà sono spesso davanti a me, anche nei momenti in cui non insegno e non svolgo nessuna delle attività aggiuntive, o di quelle cosiddette in nero. Magari, nel bel mezzo di un'attività domestica, ecco uno sguardo che mi fissa con una richiesta muta. Rimugino. Analizzo. Immagino e mi dico - domani gli posso parlare così...glielo spiegherò con questo esempio - .
Talvolta, in classe, vedendo qualcuno perso in rêverie, mi capita anche di canticchiare una vecchia canzone - “con il corpo sono qui, ma la mente mia non c'è, corre dietro a dei ricordi e chi la ferma più”.
Ecco, è questo il nodo: - esserci tutti interi con sensibilità e sentimento e mente. Oh, quant'è delicato, quant'è difficile e quant'è faticoso il mio lavoro!
Accidenti! E tutti continuano a contare le ore!
- Buongiorno , ragazzi! Ecco qua le noci di fra Galdino! Guscio e gheriglio. Il mallo? Era fradicio, mi è caduto per terra tra le foglie di quest'autunno fruttifero - .

domenica 28 ottobre 2012

"Relativo"? No, grazie! Preferisco "assoluto".




Indubbiamente il verbo latino “refero” nelle parole derivate dal supino “relatum” è oggi molto di moda: “relazione”, “relazionare”, “relazionarsi”, “relativo”, “relativismo”.
Guai a chi non le tenga sempre presenti! Sarà subito accusato di avere un'unica prospettiva, di essere incapace di convivenza, integralista e assolutista. - Tu non sai relazionarti! - ecco la temuta accusa! Ma, per sapersi relazionare al “relativo relativismo”, bisogna fasciarsi gli occhi e incerottarsi la bocca e annuire sorridenti che tutto è bene in nome di una libertina verità.
Un finto pacifismo impastocchia le coscienze. Sorridi, dai, sorridi! Vivi e lascia vivere! Tranquillo suvvia, va' d'accordo con tutti, ben accetto, bene accolto, in un'allegra brigata di individualisti sfegatati, unanimi nel badare ai fatti propri in bella compagnia!
Sissignori il conflitto è da evitare, sennò sei irrispettoso e pure guerrafondaio.
Senti spararle grosse? Taci! Non c'è niente da correggere, il tuo è solo uno dei tanti punti di vista. Sì, d'accordo, il bianco è bianco e non può essere nero. Ma devi imparare che nella relazione potrebbe essere grigio.
Oh! Ma è così bello il litigio, lo scontro, quell'azzuffarsi animato che non distrugge l'amicizia, e tanto meno l'amore! Caparbi, sì caparbi con sentimento, nel sostenere il proprio punto di vista! E non potrebbe forse succedere che in quelle baruffe tu, o l'altro, proceda oltre, fino ad intravedere che qualcosa di “assoluto” c'è e che, pur nel conflitto, è lì che tendete entrambi?
Oh! a te aspiro "assoluto"! “Absolutum”, “del tutto sciolto”, irraggiungibile eppure presente nelle coscienze “assolute”, ovvero “absolutae”, sciolte e leggere e senza paura. È in questo “assoluto” che risiede l'amore per i figli.  No, non i figli di famiglia, ma, alla greca ed evangelicamente, “tà tèkna”, ossia tutti “quelli che sono stati generati”, ben oltre la ristretta famiglia e i meschini interessi borghesi dell'orticello proprio.
Romanticismo? e perché no? 
In quest'epoca di “illuministi” che inneggiano alla “ratio e alla relatio”, che tutto confondono ed ammettono all'insegna del “relativo”, riammettere tra le parole d'uso l' “assoluto”, ed anche il “saper essere soli”, equivale ad invitare a spingere lo sguardo al di là della siepe, oltre il limite dell'orizzonte, fino ad immaginare, oltre il contingente e il relativo, “verità e giustizia assoluta” per tutti i figli della terra.

mercoledì 17 ottobre 2012

La prego, mi ascolti, ministro Profumo!

Il governo Monti ha ereditato una situazione politica ed economica disastrosa insieme ad un paese da rieducare al senso di civiltà, al rispetto delle regole ed alla responsabilità personale dei singoli nel compiere le azioni e le scelte quotidiane che riguardano la comunità intera. La decadenza italiana è, difatti, conseguenza della cattiva politica e dello scollamento della stessa politica dalla società, alla quale uomini senza scrupoli hanno offerto modelli etici e culturali egoistici, effimeri e volgari. Sedotti da questi modelli illusori, smarrito il senso della realtà, molti Italiani hanno preso ad ignorare che l'interesse privato è rovinoso anche per se stessi quando è perseguito con menefreghismo e in danno del bene comune.

Ma tralascio la questione generale e rivolgo l'attenzione alla scuola italiana, tornata in prima pagina in seguito alla proposta del ministro dell'Istruzione, proposta inserita nel testo della Legge di stabilità, di portare da diciotto a ventiquattro le ore di docenza. Al riguardo mi è capitato di ascoltare la risposta del ministro Giarda ad una interrogazione parlamentare, andata in onda proprio questo pomeriggio sul terzo canale della RAI, che, tra le altre, poneva la questione dell'aggravio di lavoro per gli insegnanti, aggravio non retribuito e non previsto dal vigente contratto di lavoro. Ebbene, rispondendo, il ministro Giarda ha dichiarato la disponibilità del collega Francesco Profumo a discutere ed eventualmente a rivedere tale proposta, a patto, però, che si trovi il modo di risparmiare qualche milione di euro (non ricordo esattamente la cifra menzionata) secondo i programmi di risanamento del bilancio del nostro povero – e carico di accorati sensi questo aggettivo - paese. Ascoltata questa dichiarazione, sono saltata dalla sedia e mi sono sentita la testa e il cuore in subbuglio, nonché un formicolio ai piedi che volevano correre, volare da Profumo. Mi agito per l'impossibilità di esprimermi su una questione che mi sta a cuore. No, non le ore di lavoro in più, ma la scuola martoriata e vilipesa.

Ora comincio a farneticare. Immagino di incontrare il ministro per l'Istruzione (ahimè l'aggettivo “pubblica” è stato cancellato dai tempi della Moratti!). Sì sì, sono proprio a quattr'occhi con lui, posso suggerirgli qualche buon taglio indolore.

La prego ministro, mi ascolti, c'è un modo per risparmiare molti milioni di euro senza mettere in croce ancora una volta i lavoratori appassionati e senza chiudere la porta in faccia ai giovani aspiranti all'insegnamento. Non so se lei è informato sui soldi sperperati nella scuola pubblica in attività inutili, quando non dannose, per l'educazione dei nostri giovani. Giri un po', ministro, per le scuole e parli con quei docenti (e sono tanti, mi creda!) che persistono nel credere che l'insegnamento amorevole delle loro materie sia l'esperienza vitale da far compiere agli studenti. Scoprirà, ministro, che questi maestri non cedono al guadagno coi progetti e neanche al gettone dei corsi di recupero (ritenuti del tutto inefficaci anche da indagini di autorevoli studiosi) pur di non demotivare ulteriormente i giovani, considerandoli come clienti da usare per arrotondare il magro stipendio. Dacché esiste il P.O.F., caro ministro, le scuole sono diventate vetrine di fumo, in piena consonanza con l'etica dell'apparenza della cultura dominane degli ultimi venti anni. Oh Ministro! Mi sono battuta contro l'avanzare, da sinistra e da destra, di questa politica degradante della scuola. Vent'anni di scioperi. A volte ero sola a scioperare nella scuola in cui lavoro. Scioperavo disperatamente, perché anche i discorsi dei sindacati mi suonavano falsi. Una Cassandra, sì ministro una Cassandra mi sentivo. Ma ora che il disastro è completo non mi resta che la compassione e l'eroica resistenza e la lucida partecipazione.  Io non sciopererò contro un governo che tenta, nella tragedia, di rifondare la dignità del mio amato paese. Non è il momento di scioperare questo, ma è il momento di cooperare proponendo azioni di miglioramento in ogni ambito della vita sociale, in attesa che anche le “cose” della politica, come tutte le altre, si rigenerino, per autopoiesi, come dice un mio fiducioso amico.

Con pochi e semplici tagli recupererà molti soldi, ministro, e riporterà equità nella scuola, impedendo che alcuni docenti incassino diverse migliaia di euro oltre lo stipendio. Se poi costoro hanno tanto a cuore i progetti extra, potrebbero, proprio loro, attuarli gratis lavorando fino a ventiquattro ore, senza oneri aggiuntivi per lo Stato. Ecco, ministro, i tagli che per ora propongo sono questi:

1. Eliminare il budget d'istituto spendibile in progetti extracurricolari, in corsi di recupero pomeridiani (difatti il recupero delle competenze interseca tutta la prassi didattica curricolare se questa è sapientemente progettata) e in ogni altra superflua attività (commissioni di vario genere, per esempio) . Coloro che ritenessero indispensabili le attività extracurricolari potrebbero attuarle gratis fino al raggiungimento delle proposte ventiquattro ore.

2. Eliminare le spese per le Funzioni strumentali. Secondo una diffusa opinione esse sarebbero inutili.

 Con i tagli suggeriti, ministro, in ogni scuola Lei risparmierebbe parecchie decine di migliaia di euro, e senza danni, mi creda, raggiungerebbe l'obiettivo prefissato, favorendo persino l'ingresso in aula di giovani e fresche forze. Inoltre, se Lei e il Governo di cui fa parte riconoscessero la nobiltà del lavoro degli educatori incentivando, almeno simbolicamente, l'autoformazione e la ricerca metodologica disciplinare e interdisciplinare dei dipartimenti, contribuirebbero a ristabilire, finalmente, dignità e fiducia nel mondo della scuola per ora  “confusa, dispersa e scorata”.