lunedì 11 novembre 2013

Tu ne quaesieris, scire nefas

Caro Ministro dell'Istruzione,
Le scrivo mentre riascolto la Sua introduzione al convegno "Uno, nessuno, centomila. Libri di testo e risorse digitali per la scuola italiana in Europa", tenutosi presso la Scuola Normale di Pisa. È apprezzabile il Suo sforzo nel mettere a fuoco le idee, ma si avverte la fatica di annaspare nel vuoto ideale. Il Suo discorso segue la retorica disordinata, calcata dall'enfasi della captatio benevolentiae. Sono una insegnane anagraficamente vecchia, ma ancora giovane nella mente e nel cuore. Siccome non ho disdegnato l'alfabetizzazione digitale, sono in grado di avvalermi delle nuove tecnologie nello svolgimento del mio lavoro. Ancora non mi è consentito di andare in pensione, ma non me ne rammarico, perché mi piace insegnare.
Ministro, mentre la ascolto, avverto la Sua ansia di formare gli insegnanti, colgo il disappunto, da Lei espresso con gentilezza, nel denominare “più conservatori” quei docenti (ma sono veramente pochi, mi creda) ostili al digitale. Le Sue parole, il Suo tono mi trasmettono disagio e tristezza. Mi rendo conto di sembrare una sciocca, perché Lei non mi conosce, non sa neppure che io esisto, ma non posso fare a meno di sentirmi punta nel vivo. Lei, Ministro, è molto più giovane di me, quindi più confidente nel nuovo, ma , forse a causa della stessa giovane età, Le manca l'empatia, quella straordinaria capacità umana che, oggi, in seguito alle ricerche e agli esperimenti del neurobiologo Giacomo Rizzolatti, è stata riconosciuta, scientificamente (so che questo avverbio e tutto il suo campo semantico Le piace moltissimo), come una attività cerebrale promossa dai cosiddetti neuroni specchio. Ebbene, Lei, Ministro, non conosce e non comprende la situazione reale degli insegnanti e, come del resto i Suoi ultimi predecessori, è in grave difetto verso gli insegnanti, i quali si sono formati  sul campo, studiando e meditando su tutta la loro esperienza cognitiva, anche su quella di quando erano discenti, integrando quella parte del viaggio nel sapere con il percorso compiuto come docenti. Se di formatori c'è bisogno, questi devono essere reperiti sul campo e devono essere ascoltati sia da Lei, Ministro, che da quegli esperti che ogni tanto piombano nelle scuole e pretendono di insegnare ad insegnare, quando, magari, non vivono l'insegnamento da anni o, addirittura non l'hanno mai vissuto. E a questo punto interviene la questione basilare della comunicazione tra Istituzioni e cittadini, tra Ministeri e lavoratori. In tale questione è rilevante il problema della presenza di filtri che impediscono la conoscenza della realtà. Questi filtri possono essere i vari staff vicini alle dirigenze, gli stessi dirigenti, o le agenzie di monitoraggio e valutazione, che trasmettono soltanto dati numerici, inadeguati ad illustrare la complessità del reale. Nelle stesse scuole, Ministro, si lavora ipocritamente sul burocratico, perché, in verità, i dipartimenti disciplinari non funzionano come sarebbe necessario,  ma si limitano ad una produzione meramente burocratica. Pertanto è urgente, innanzitutto, la conoscenza della realtà, per capire come sono e che cosa fanno realmente gli insegnanti sul campo, dei quali non si comprende nulla se ci si ferma ad esaminare i risultati tabellati dalle agenzie di monitoraggio.  È difficile, lo so. Tuttavia si potrebbe tentare qualcosa. Penso all'incentivazione, non formale, della ricerca dipartimentale e interdipartimentale, e alla produzione di veri e propri diari di bordo da trasformare in materiale didattico condivisibile mediante quella digitalizzazione che Le sta così a cuore. Inoltre, ritengo ineludibile la necessità di rivedere la legge dell'Autonomia Scolastica che ha depauperato culturalmente la scuola, favorendo un protagonismo docente generalmente svuotato di contenuti autentici, e ha creato fratture nocive tra gli insegnanti, la maggior parte dei quali partecipa alla vita scolastica con silenziosa frustrazione, e subisce ormai passivamente le scelte oligarchiche.  Prima dell'Autonomia e delle "innovazioni" di Luigi Berlinguer e dei suoi successori – mi sia concessa la nostalgia – quando si incontravano, animati dal desiderio di confrontarsi, gli insegnanti si raccontavano le esperienze, i problemi, si chiedevano scambievolmente pareri sui compiti assegnati, sulle verifiche, sulle metodologie, si confidavano persino le scoperte delle ultime letture. A quel tempo nella scuola c'era vivacità dialogica. Dai discorsi si percepiva il sentimento comune  di svolgere un lavoro importante per la vita dei singoli ragazzi e per tutta la società civile. Oggi, invece, nelle scuole si ascolta un balbettio di acronimi e si assiste a un annoiato girare e rigirare di griglie, tabelle e test a crocette. E il risultato di tutto questo è il disastro dell'eloquenza e, pertanto, del pensiero, in tutte le sue possibilità, soprattutto quella creativa, da Lei ritenuta importanissima, di insegnanti e allievi.
Infine, sono convinta, come Lei del resto, Ministro, che la scuola può molto per risollevare le sorti dell'Italia. E proprio per questo ritengo che non ci si possa basare su analisi sommarie, per conoscere la realtà. Concordo con Lei anche quando afferma che non si può avere un feedback “diretto, empirico, immediato delle scelte che facciamo”. E allora, cara Ministro, le chiedo come si possa conoscere  hic et nunc, con un test a crocette, il feedback dell'azione didattica.
Quante volte ci interroghiamo sulla validità del lavoro svolto! L'etica del ruolo ci impone questo interrogativo.
Quante volte ci capita di essere contenti e di sussurrare - sì, oggi la lezione è stata efficace, abbiamo lavorato bene -. Quante altre, presi dallo sconforto e dal dubbio, temiamo di non essere stati in grado di intercettare la mente e il cuore dei nostri allievi! In queste occasioni mi sale alle labbra quel verso famoso di Orazio:
 “Tu ne quaesieris, scire nefas...”.
 Ecco, Ministro, non sarebbe male tessere ogni tanto un elogio della imperfezione didattica.

Cordiali saluti

Giuseppina Imperato
(docente di Italiano e Latino presso il Liceo “E. Medi” di Cicciano)



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