domenica 11 dicembre 2016

Elogio della “frivolezza”

Due giovani sorridenti l'altro giorno sono venuti ad installarmi un televisore nuovo che, malgrado me, ora trionfa sul ripiano marmoreo del mio mobile prediletto, dopo aver spodestato le gloriose ceramiche di Faenza e di San Lorenzello.
Mentre erano all'opera si chiacchierava di lavoro. “Ma lei ancora non è ancora in pensione?” mi ha chiesto, quasi stupito, uno dei due giovanotti. - Siamo alle solite - ho pensato, e mi sono limitata a rispondere di no. Ovviamente da lì il discorso è scivolato sul futuro delle pensioni e dei giovani, col prevedibile tono catastrofico. 
Per un po' sono stata zitta, anche perché la pensione come traguardo agognato della vita e del lavoro non m'ha mai attratta, come del resto non m'ha mai solleticata l'ansia di una meta da raggiungere. Godo di scivolare inconsapevole nel tempo. Anche da giovane non capivo quelli che cominciavano a lavorare calcolando gli anni che li separavano dalla pensione. Ma si sa che a questo mondo ci sono gli incoscienti, e io ne faccio parte. 
Tuttavia, l'altro giorno, non ho potuto fare a meno di correggere quelle predizioni apocalittiche sul futuro e, “via - sono intervenuta – non sbagliano anche i meteorologi nelle previsioni del tempo? E allora perché chiudere l'orizzonte al futuro? I due ragazzi sono scoppiati a ridere, e mi hanno guardato con evidente simpatia, mentre io sospiravo tra me - “avessi la vostra età! - Me ne fregherei di tutte le “Fornero” di questo mondo”. E, difatti, me ne frego. Frivola e incosciente, mi voglio divertire, a modo mio. 
La frivolezza, tanto vituperata, è lieve in se stessa. La frivolezza è leggera, frufrù, un frullo di volo. Dove? Nel “vano”, dentro e fuori di noi. Nel “vano” dentro la materia del mondo.
Il bello consiste proprio in questo: la materia è piena di leggerezza, come la vanità di un “fiocco di neve di Helge von Koch”. Il fiocco di neve è “l'isola” che ha “una figura geometrica finita con un perimetro infinito” (Shantena Augusto Sabbadini, Pellegrinaggi verso il vuoto).
La materia è piena di infinito come dimostra l'introduzione di un concetto nuovo nella geometria, “la dimensione frattale” di Benoit Mandelbrot, al quale dobbiamo l'oggetto più complesso della matematica (e secondo molti anche il più bello!). Estremamente complesso (infinitamente complesso), ma anche semplice: generato da un meccanismo iterativo di disarmante semplicità” (Shantena Augusto Sabbadini, Pellegrinaggi verso il vuoto).
Stando ai frattali di Mandelbrot, se noi segmentassimo il tratto di una costa, per esempio della Gran Bretagna, i segmenti conterrebbero una infinità di numeri, ovvero di segmenti. Tuttavia la loro somma ci restituirebbe il perimetro finito dell'isola (finalmente mi si spiega il famoso paradosso di Zenone e anche la sua aporia!).
Nel caos indistinto e infinito emerge la forma, come dal fondo caotico del nostro cervello si auto-organizzano pensieri, sensazioni, ricordi. L'ordine emerge dal caos, ma sul crinale di confine, “si trova un massimo di potenziale creativo” imprevedibile (Shantena Augusto Sabbadini, Pellegrinaggi verso il vuoto).
Se è così, e mi piace che così sia, mi affido a questo “potenziale creativo” con un frullo d'ali...“e lasciatemi divertire”!


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