Due giovani sorridenti
l'altro giorno sono venuti ad installarmi un televisore nuovo che,
malgrado me, ora trionfa sul ripiano marmoreo del mio mobile
prediletto, dopo aver spodestato le gloriose ceramiche di Faenza e di
San Lorenzello.
Mentre erano all'opera si
chiacchierava di lavoro. “Ma lei ancora non è ancora in pensione?”
mi ha chiesto, quasi stupito, uno dei due giovanotti. - Siamo alle
solite - ho pensato, e mi sono limitata a rispondere di no.
Ovviamente da lì il discorso è scivolato sul futuro delle pensioni
e dei giovani, col prevedibile tono catastrofico.
Per un po' sono stata zitta,
anche perché la pensione come traguardo agognato della vita e del
lavoro non m'ha mai attratta, come del resto non m'ha mai
solleticata l'ansia di una meta da raggiungere. Godo di scivolare
inconsapevole nel tempo. Anche da giovane non capivo quelli che
cominciavano a lavorare calcolando gli anni che li separavano dalla
pensione. Ma si sa che a questo mondo
ci sono gli incoscienti, e io ne faccio parte.
Tuttavia, l'altro giorno,
non ho potuto fare a meno di correggere quelle predizioni
apocalittiche sul futuro e, “via - sono intervenuta – non
sbagliano anche i meteorologi nelle previsioni del tempo? E allora
perché chiudere l'orizzonte al futuro? I due ragazzi sono scoppiati
a ridere, e mi hanno guardato con evidente simpatia, mentre io
sospiravo tra me - “avessi la vostra età! - Me ne fregherei di
tutte le “Fornero” di questo mondo”. E, difatti, me ne frego.
Frivola e incosciente, mi voglio divertire, a modo mio.
La frivolezza, tanto
vituperata, è lieve in se stessa. La frivolezza è leggera, frufrù,
un frullo di volo. Dove? Nel “vano”, dentro e fuori di noi. Nel
“vano” dentro la materia del mondo.
Il bello consiste proprio in
questo: la materia è piena di leggerezza, come la vanità di un
“fiocco di neve di Helge von Koch”. Il fiocco di neve è
“l'isola” che ha “una figura geometrica finita con un perimetro
infinito” (Shantena Augusto Sabbadini, Pellegrinaggi verso il
vuoto).
La materia è piena di
infinito come dimostra l'introduzione di un concetto nuovo nella
geometria, “la dimensione frattale” di Benoit Mandelbrot, al
quale dobbiamo l'oggetto più complesso della matematica (e secondo
molti anche il più bello!). Estremamente complesso (infinitamente
complesso), ma anche semplice: generato da un meccanismo iterativo di
disarmante semplicità” (Shantena Augusto Sabbadini, Pellegrinaggi
verso il vuoto).
Stando ai frattali di
Mandelbrot, se noi segmentassimo il tratto di una costa, per esempio
della Gran Bretagna, i segmenti conterrebbero una infinità di
numeri, ovvero di segmenti. Tuttavia la loro somma ci restituirebbe
il perimetro finito dell'isola (finalmente mi si spiega il famoso
paradosso di Zenone e anche la sua aporia!).
Nel caos indistinto e
infinito emerge la forma, come dal fondo caotico del nostro cervello
si auto-organizzano pensieri, sensazioni, ricordi. L'ordine emerge
dal caos, ma sul crinale di confine, “si trova un massimo di
potenziale creativo” imprevedibile (Shantena Augusto Sabbadini,
Pellegrinaggi verso il vuoto).
Se è così, e mi piace che
così sia, mi affido a questo “potenziale creativo” con un frullo
d'ali...“e lasciatemi divertire”!
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