“Una pace disarmata e disarmante, umile e perseverante”. Così ha esordito Leone XIV rivolgendosi per la prima volta ai fedeli in attesa in Piazza San Pietro. Quattro aggettivi uniti in due coppie. La prima parla della necessità del disarmo. I due aggettivi, infatti, sono i participi, rispettivamente passato e presente, del verbo disarmare. La seconda coppia esprime le virtù della pace: l’umiltà e la perseveranza. Seguendo la forza pregnante della retorica i quattro aggettivi formano un climax. Sono cioè disposti in crescendo: la deposizione delle armi che genera il disarmo promana da una disposizione umile della mente e del cuore che traspare negli atti del corpo, pacati e composti. Questa è la pace disarmante, generatrice della pace perseverante.
Ecco un soffio di grande retorica di cui è fornito l'uomo probo che incarna le sue parole. Non sono necessari toni roboanti o svolazzi seducenti all’uomo probo. Ogni parola di un tale uomo inchioda colui che ascolta alle proprie responsabilità.
Infine, una notazione è necessaria. Bisogna far risaltare un aggettivo in particolare: “disarmante”. Infatti noi diciamo che è disarmante una persona che con la sola sua presenza ci confonde, ci stupisce, e spegne in noi ogni moto violento. Il participio “disarmante”esprime la potenza attiva di colui che depone le armi senza viltà e senza protervia. E qui ci illumina la grande letteratura, che è anche espressione della retorica più convincente.
Ci ricordiamo de I promessi sposi e in particolare di Lucia. Lucia è disarmante così tanto che fa compassione persino al bravo più crudele, il Nibbio. Disarmata e disarmante, umile e perseverante nella fede, Lucia sconvolge e disarma un uomo violento, L’ Innominato, e ne trasforma il cuore indurito dall’odio e inveterato nel delitto. Nella storia narrata Lucia è una creatura fragile, ma forte della pace del suo cuore.
Pertanto, il climax creato da Leone XIV ci invita alla riflessione su noi stessi e alla possibile trasformazione del nostro essere presenti nella Storia attuale.
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