Si racconta che tanto tempo fa, una sera d’estate, in un
teatro di un paese dell’Europa si scatenò una strana baruffa tra gli strumenti
musicali di un’orchestra che era già pronta sul palco per suonare. Una moltitudine
di appassionati spettatori attendeva ansiosa l’inizio del concerto, mentre si
udivano gli accordi isolati di prova. Il direttore non era ancora al suo posto.
Si aggirava tra gli orchestrali sussurrando qua e là qualche richiesta. A suo
comando vibravano gli Archi, rullavano i Tamburi, ondeggiava il Pianoforte.
Infine si avvicinò ad uno sconosciuto strumento a corde che aveva la cassa di
risonanza ricavata dalla metà di una zucca rivestita di pelle di vacca e invitò
l’orchestrale, nero come la pece, a far vibrare le ventuno corde della Kora.
Così si chiamava quello strumento (e, chissà, forse così si chiama ancora e si
suona tuttora, magari costruito con materiali moderni, in qualche remoto paese
del mondo). Il suonatore della Kora all’invito del direttore, magro, alto e
pelato, sorrise negli occhi luccicanti. Dopo
un cenno di assenso si accovacciò sullo sgabello, sistemò davanti a sé lo
strumento e, afferrate le maniglie ai lati della cassa, incominciò a pizzicarne
le corde. Zampillarono gocce sonore per
tutta la sala incuriosita. Centinaia di occhi fissarono il suonatore nero che
si dondolava all'effondersi della nenia pacata. Tutti ormai si aspettavano una
sinfonia nuova da uno spettacolo nuovo. Il direttore annuì soddisfatto, andò al
suo posto e, dopo un inchino al pubblico in attesa, salì sulla pedana e si
voltò verso l’orchestra. La bacchetta si agitò e accennò al suonatore di Kora, che già
teneva le dita sulle corde, quando d’un tratto, inopinatamente, il Controfagotto
dall'ultima fila dell’orchestra, seminascosto dalle Trombe e dai Tromboni emise
un borbottio sgangherato. Il direttore gli fece gli occhiacci per zittirlo e
tornò alla Kora che beatamente vibrò una melodiosa sequenza. Ma il Controfagotto,
ostinato a farsi notare, emise un suono rancido e prolungato, come uno
sberleffo maleducato, puntando il muso in direzione della Kora sbigottita. Nell'agitazione il Controfagotto perse il suo grave equilibrio e batté le canne su una Tromba che
svettava in aria accanto a lui. Allora la Tromba si dimenò e squillò con striduli
acuti di accusa. Lì vicino si trovava un Clarinetto, invidioso della Tromba,
alla quale non vedeva l’ora di mostrare la potenza delle sue chiavi. Con un Si
soprano prolungato, il Clarinetto sovrastò gli stretti acuti della Tromba. A questo punto il direttore con le braccia al cielo fu travolto dallo scompiglio generale. Anche la
mite Kora si era irrigidita con le ventuno corde attonite. La confortavano gli
altri strumenti a lei simili. Arpe, Viole, Violini e Violoncelli, vibravano di
sdegno. Ma anche loro facevano un gran chiasso, infuriando con urla laceranti
contro gli strumenti a fiato e a percussione, che intanto sberciavano senza
ritegno contro la sconosciuta, alla quale si dedicava tanta attenzione. La sala
era sgomenta e cominciava a dividersi. Ognuno voleva dire la sua e invitava
questo strumento o quell’altro a far sentire più forte la sua voce. Il tumulto
cresceva, e persino la Kora, che aveva esordito con tanta pacatezza, squittì
risentita. Al povero direttore erano cadute le braccia ed era corso a
rannicchiarsi in un angolo, aspettando che qualche evento straordinario sedasse
quel tumulto. Ma non si veniva a capo di nulla. Quello zoticone del Controfagotto
aveva ottenuto la visibilità che voleva, spalleggiato da altri tangheri come
lui e favorito dalla dabbenaggine, dal conformismo, ma soprattutto, ormai,
dalla smania di essere notati che si era impadronita di tutti i convenuti al
concerto, i quali, adesso non volevano proprio saperne di restare in sordina.
La sala ondeggiava e risuonava di alti e
di bassi accusatori. Il controfagotto ormai se la rideva facendo vibrare a più
non posso le ance nelle canne. Aveva teso una trappola nella quale c’erano
cascati tutti.
Un momento, no, non tutti, per fortuna!
In prima fila, al
centro dell’orchestra troneggiava lucente nella sua coda maestosa il Pianoforte.
Non aveva battuto tasto né bianco né nero per tutta la durata dello scompiglio
sonoro. Se ne era stato muto in mezzo a quel baccano. Raccolto in un silenzio
malinconico il Pianoforte aveva trattenuto nei suoi congegni nascosti le
meravigliose scale che avrebbe dovuto far risuonare, quando fosse toccato a
lui, nella polifonia del concerto andato a monte.
Ma è noto che i tumulti finiscono
con lo sfiancare anche i più coriacei. E andò così anche nella guerra tra gli strumenti
musicali. Gli Archi avevano le corde allentate. Qualcuna si era addirittura
spezzata per la grande tensione. I Fiati erano arrochiti per l’inesausto
soffiare. I Tamburi laceri ormai emettevano voci accartocciate. I Piatti si
dolevano delle ammaccature. Allo Xilofono erano saltati quasi tutti i dentelli
di legno e non trillava più. Dopo un rotolio sgangherato di voci diverse nella
sala piombò il silenzio.
Musica , finalmente, per le
orecchie assordate!
Passò un tempo indefinito. Ad un tratto, per
incanto, come trascorsi da una mano misteriosa, i tasti d’avorio e d’ebano del Pianoforte
liberarono un brillio di note lievi, una melodia che rinasceva dal silenzio. Lo
spaurito direttore si alzò in piedi attonito e si mise ad ascoltare.
Ed ecco che per prima la Kora con discrezione
e dolcezza rispose all'invito sonoro. Subito le fecero eco gli Archi, a turno. A
tempo debito, poi, si inserirono i fiati. Le Percussioni batterono il ritmo all'occasione
opportuna. Persino l’ostile Controfagotto ritrovò una certa compostezza e si
limitò a borbottare gravemente, rispondendo ai fagotti suoi cugini, senza
guastare l’insieme armonioso. Ma, quando il Pianoforte gorgheggiava come un usignolo,
tutti gli altri smorzavano le loro voci, e trattenevano le vibrazioni,
lasciandosi andare agli accordi soavi di quel maestoso strumento. La sala, invasa
da una sconosciuta dolcezza, si chetò. Accompagnata da quella musica
straordinaria una moltitudine di dame a cavalieri danzò gioiosa per tutta la
notte.
E Kora?
Kora dopo quella notte di tumulti, aiutata dal
suono avvincente del Pianoforte, fu riconosciuta, finalmente, come uno
strumento alla pari degli altri cordofoni, e da allora, di diritto, partecipa dell’armonia
dell'orchestra in tutti i concerti di quel paese d’Europa.
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