martedì 21 ottobre 2014

Un mezzodì d'ottobre...un uccellino...

Ci sono giornate segnate dagli astri avversi. O meglio, ci sono giornate in cui lo squallore della realtà si fa palpabile come una nebbia plumbea.
Poi, improvvisamente, c'è da commuoversi a dirlo, oltre la finestra spalancata, un uccellino, forse un usignolo, gorgheggia beato una melodia vivace che ti stupisce. Sembra che si sia messo a trillare solo per te. Interrompi il tuo lavoro e, ridendo, inviti anche gli altri lì presenti a gioire di quel fresco zampillo sonoro. IL canto insiste sempre più forte.
Ma è un miracolo! Sì sì, è venuto accanto alla finestra proprio per me. Ne sono sicura.
È un avvertimento alato. E le ali vorrei, per raggiungerlo, in questo afoso mezzodì d'ottobre.
Ma che mi vuol dire coi suoi acuti prolungati in giravolte di note scintillanti?
Mi sgrida, mi invita, o mi canzona? Mi canzona, mi canzona, sì sì. Ogni trillo è uno sberleffo
- ehilà, dico a te, grulla imbronciata, in gattabuia chi ti ci ha messo l'uomo nero? Scioccherella, ma non vedi? Non è nero. È grigio e bleso. È l'uomo arreso, da se stesso tutto preso. I gorgheggi non li sente, non li sa -.
Resto al di qua della finestra, con gli occhi al libro, scorro un passo alato:

Questi organi del mondo così vanno,
come tu vedi omai, di grado in grado,
che di sù prendono e di sotto fanno.

Si dirada la nebbia. Prestami la tua voce, usignolo, e volerò via con te. Su, su, oltre le dense nuvole.



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